Il 17 marzo del 1861 nasceva il Regno d’Italia. Poco meno di un mese dopo, il 13 aprile, all’indomani dello scoppio della Guerra di Secessione americana, il Segretario di Stato William H. Seward ‘’accusò ricevuta’’ del dispaccio di Cavour - che riferiva dell’assunzione del titolo di Re d’Italia da parte di Vittorio Emanuele II - consegnatogli dall’allora Ministro Residente negli Stati Uniti Giuseppe Bertinatti. Quella che potrebbe apparire come una formalità burocratica diede avvio alle relazioni diplomatiche e segnò l’inizio di un’amicizia che compie oggi 160 anni.
In realtà, il passo diplomatico dava sostanza istituzionale a un legame intrecciato da tempo e annodato dai contatti dei patrioti del Risorgimento in terra americana. Gli storiografi ricordano l’attiva benevolenza con cui da parte americana si guardava alla causa italiana. Ne emerge traccia nella spedizione dei Mille di Garibaldi partiti da Bogliasco, così come, sul versante opposto, nella partecipazione di volontari italiani alla Guerra di Secessione.
“Fast forward” fino a giorni nostri.
Italia e Stati Uniti coltivano un’amicizia profonda e dal secondo dopoguerra sono membri fondatori e attivi protagonisti di una straordinaria comunità di valori e principi, l’Alleanza Atlantica. Il contributo offerto dagli Stati Uniti alla liberazione dell’Europa e l’Italia dal nazifascismo è inestimabile, così come è intramontabile la nostra riconoscenza verso il popolo americano.
Il legame transatlantico affianca alla politica estera e della difesa comune la sintonia nelle relazioni sociali, la cooperazione culturale, economico commerciale e scientifico-tecnologica. Da quel lontanissimo giorno di primavera del 1861 sono fioriti legami in ogni settore della vita civile.
Legami fatti di persone, come le molte generazioni di italiani e italo-americani che contribuiscono ogni giorno alla crescita sociale, culturale ed economica degli Stati Uniti, e di cui vi è traccia riconoscibile sin nella toponomastica di molte città e regioni americane. Un’“immagine contemporanea del flusso permanente di energie intellettuali e professionali che arricchiscono i nostri reciproci valori”, come l’ha definita il Presidente della Repubblica Mattarella nel 2019, in occasione della sua più recente Visita negli Stati Uniti.
Oggi Washington e Roma, alleati leali, affrontano le sfide di un contesto globale in continuo mutamento, parte di una stessa comunità di valori che si riconosce nella NATO, cui l’Italia partecipa con convinzione e riconosciuto impegno, e collabora in fori come il G7, il G20, l’OCSE e le Nazioni Unite.
Ciò vale, in primo luogo, per le principali sfide alla pace e alla sicurezza internazionale, di fronte alle quali l’Italia dà il suo sostegno, come avvenuto in Afghanistan e Iraq, nei Balcani, nel Corno d’Africa e nel Sahel, nell’ambito della Coalizione contro Daesh e il terrorismo transnazionale. Vale, più che mai, nella lotta comune alla pandemia e nel contrasto al cambiamento climatico, sfide autenticamente globali nell’ambito delle quali l’Italia offre attualmente il proprio contributo quale Presidente del G20 e co-presidente della COP26.
160 anni in cui Italia e Stati Uniti hanno rafforzato il proprio cammino democratico, condiviso gli stessi valori di libertà, promosso i diritti umani, il rispetto delle minoranze, lo stato di diritto.
160 anni di impegno comune, anche nell’avanzamento della frontiera spaziale, sulla Stazione Orbitante e, oggi, su Marte.
Immigrazione e collettività italiana
Le eccellenti relazioni tra Italia e Stati Uniti trovano uno straordinario volano nella presenza di un’ampia e qualificata comunità italiana ed italoamericana. Gli italiani in America si sono fatti tradizionalmente strada in tutti i settori della vita del Paese (politica, economia, arte, cinema, scienza e ricerca, sport). La loro presenza costituisce un ponte al più alto livello fra Italia e USA e continua ad irrobustire una trama di relazioni bilaterali unica al mondo e capace di rinnovarsi giornalmente in ogni campo, dalla scienza alla ricerca, dall’innovazione alla tecnologia.
All’immigrazione tradizionale, iniziata nella seconda metà dell’Ottocento e proseguita a fasi alterne nel secolo scorso si è negli ultimi anni affiancato un nuovo crescente flusso di arrivi dall’Italia, testimoniato anche dal numero dei connazionali registrati alla nostra anagrafe consolare, che dal 2016 al 2020 sono aumentati di 50 mila unità e toccano oggi la soglia dei 314 mila iscritti.
Si tratta di immigrazione prevalentemente costituita da professionisti e personale qualificato: professori o studenti universitari, economisti presso le Istituzioni Finanziarie Internazionali, scienziati e ricercatori presso numerose Università, think tank e i prestigiosi centri, come i “National Institutes of Health” e la NASA.
Numerosi sono anche i giovani italiani che investono nel Paese conservando però in Italia il centro principale dei loro interessi.
Secondo i dati dell’ultimo censimento del 2010, gli Americani di origine italiana sono 17,3 milioni (quarto gruppo etnico di origine europea dopo Tedeschi, Irlandesi e Inglesi). Le due principali organizzazioni italo-americane, NIAF e OSIA stimano che gli Americani di origine italiana siano almeno 25 milioni. Da anni si assiste a una crescente attenzione per l’Italia da parte della comunità italo-americana, attratta dallo stile di vita italiano e dalla nostra qualità della vita, nonché dall’affermazione dell’immagine dell’Italia nei campi più diversi, dalla cultura alla moda, dal design alla gastronomia ed enologia, dalla ricerca all’alta tecnologia.
Diretta conseguenza sono anche la crescita dei viaggi per turismo verso l’Italia, l’incremento di studenti di lingua e cultura italiana ma anche l’aumento delle domande di cittadinanza italiana.